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Cineforum: Il Giardino di Limoni

Sala Ordet - Piazza Cristo Re - Lunedì 18 Maggio ore 21

 

I titoli del cinema israeliano che più sono rimasti impressi nella memoria dello spettatore  occidentale, - può essere anche per una inconscia, fors’anche predeterminata aspettativa -, sono legati ai pregressi temi della situazione israeliana, e addirittura biblici, dei confini, delle frontiere e delle divisioni, delle terre di nessuno e della terra promessa. Non sono però segnati da un orgoglio nazionalistico, anzi hanno una forte connotazione critica, se non polemica, e sono comunque percorsi da profonde inquietudini esistenziali, sensi di colpa e volontà di indagare, in dissociazione dai perseguimenti politici del paese. chanel replica handbags E anche in film non direttamente incentrati sull’analisi della inestricabile complessità della situazione israeliano-palestinese, meno politici in quanto segnati da traumi esistenziali come  Qualcuno con cui correre (2006) e Meduse (2007), l’israeliano, quasi sempre in coproduzione occidentale, è un cinema fortemente teso e drammatico di  identità spesso estreme, conflittuali sempre, perché  rese comunque inquiete da un conflitto senza fine che le lacera e paradossalmente le unisce.
    Già in La sposa siriana (2004) precedente e suo primo film, singolare road movie sulle alture del Golan, Eran Riklis mirava a separare, spesso con ironia, la grottesca artificialità delle frontiere geografiche (il check point) e le limitazioni culturali (come per il padre Hammed) dal desiderio di libertà e conoscenza di un melting pot culturale  ormai inarrestabile e in cui le donne sono le protagoniste primarie,  l’espressione più fattiva di una volontà di cambiamento, una rivoluzione umanistica ancora personale e “privata”, ma che non tarderà a diventare pubblica e sociale nella turbolenta area del medio oriente. Sembrava incancrenito nelle sue posizioni, eppur si muove. E non per i politici.     
    Qualcosa di simile torna succedere in questo Giardino di limoni (2007-08)   conconfini e frontiere   letteralmente  nel giardino di casa:   il successivo, acclamato  film di Eran Riklis ci presenta una realtà non separabile dalla metafora, a dire che l’individuo non può sfuggire alle dinamiche   sociali del gruppo di appartenenza, ma che tuttavia può optare, con lotta e sofferenza, per scelte alla lunga liberatorie in nome della propria dignità. E di quella degli altri.     

    In Cisgiordania, pressoché al confine israeliano, Salma, vedova da anni e i figli lontani, trae da vivere coltivando un campo di limoni tramandatole dal padre, e ha il solo aiuto di un anziano bracciante. chanel replica sale Il giorno che il Ministro della Difesa Israeliano si stabilisce nella villa di fronte, giusto oltre la linea del confine, la sua vita cambierà: il frutteto viene ritenuto pericoloso per l’incolumità del Ministro Israel Navon, - può nascondere dei terroristi, e in effetti una sera da lì partono dei colpi di arma da fuoco  -, per cui viene sequestrato per l’abbattimento degli alberi. Salma ricorre ad un avvocato, si va in tribunale e poi in appello. chanel replica sale Mira, la moglie del Ministro gradualmente inizia a comprendere le motivazioni di Salma e a prenderne la difesa sempre più apertamente. Intanto, della vicenda si occupano stampa e televisione, diventa un caso mediatico che influenza l’opinione pubblica e probabilmente anche la Corte Suprema per un principio di riconoscimento di diritti al piccolo “Davide” che ha osato sfidare il prepotente “Golia”.

    L’andamento parabolico viene calato in un contesto realistico che in quell’inestricabile interferenze di confini rende persino credibile che un Ministro della Difesa possa andare ad abitare proprio sulla rischiosa linea di demarcazione.  Con un’abile contaminazione di generi, la comunicazione personale tra gli individui si dilata nella concitazione delle interviste e dei servizi giornalistici, si riversa in un abbozzo di legal thriller ma non rinuncia alla consuetudinaria love story tra avvocato e protagonista, sia pur senza sviluppo e con echi di dissenso dalla tradizione atavica. chanel replica La rete di chiusura del frutteto separa due mondi non solo etnici e politici con tutte le loro occlusioni, ma anche quello di una natura in cui vuole pulsare una vita accudita e umanizzata nel ricordo familiare avito, natura che viene negata da una invadenza sociale di pesantezza militare e tecnocratica (la torretta di controllo), come tale artificiosa e strabordante, con la vita dei “civili” rinchiusa all’interno di una costruzione urbana che sembra negare ogni affiancamento alla solarità aperta della campagna.
    E tuttavia, da questi mondi contrapposti, partono silenziosi messaggi di scrutamenti, di progressiva comprensione fino ad una totale condivisione. Come osserva Daniela Zanolin (Segnofilm, 155): le donne nei loro diversi ambienti di appartenenza, - la palestinese Salma e l’israeliana Mira -, “sono le vere portatrici di novità e di rivolta, le uniche capaci di disubbidire  uscendo dalla palude degli odi, dei conflitti”  e al contempo “vincono la loro personale lotta di emancipazione, mostrando anche di  riconoscere nel diverso, nell’altro, quella parte nascosta di sé che le regole non ammettono”. chanel replica handbags Mira, in particolare,  oltre ad una tacita comunicazione umana a distanza, oltre la “frontiera”, ne compie una tecnologica e clamorosa, data la sua posizione di moglie del ministro: un’intervista mediatica di totale dissenso dalle posizioni governative e quindi del marito stesso, dagli effetti dirompenti, - impressionante l’assoluta analogia con la recente situazione italiana.
    Il finale va oltre il grottesco e sconfina in una drammatica follia del potere: il ministro, rimasto solo in una casa di fatto ridotta ad un involucro, ha perso anche ogni orizzonte visivo, e non solo quello, per l’alto muro “protettivo” costruito attorno, lungo il “confine”, rendendo anche inutile il taglio a trenta centimetri da terra di metà delle piante di limoni che vediamo, come spettatori, dall’altra parte. Detto da un israeliano.
Magnifica interpretazione dell’arabo-israeliana Hiam Abbass, ancor più apprezzata oggi in L’ospite inatteso.

pmm


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